SEI NAZIONI, OLIMPICO IN FESTA, L’ITALIA SI SCOPRE GRANDE CONTRO LA FRANCIA

(naz.orl) Ci sono quei giorni che restano scolpiti nel marmo della storia, nell’album più bello dei ricordi, tra le cornici d’argento di famiglia, quelle buone per cresime e matrimoni. E ci restano perché il seme gettato per anni, che magari ha pure dato frutti di bell’aspetto, ma scarsi, stavolta ha prodotto un raccolto abbondante, rigoglioso. Una della migliori nazionali azzurre della storia, forse la più bella di sempre, versa fiumi di emozioni e sudore allo stadio Olimpico: i galletti abbassano la cresta (23-18), il trofeo Garibaldi vola verso il Colosseo, la Francia vice campione del mondo è la vittima predestinata del processo di maturazione del rugby azzurro, che oggi, davvero, può dirsi giunto a compimento. Non più solo uno spettacolo per riempire l’Olimpico, ma un fuoco d’artificio sparato nel cielo del Sei Nazioni. Si era capito già a novembre quando gli azzurri hanno fatto soffrire gli dei ovali di Nuova Zelanda e Australia, se ne è avuta la conferma oggi davanti a 60mila spettatori, in estasi per le mete di Parisse e Castrogiovanni, per i drop di Orquera e Burton, e per lo spirito guerriero del quindici di Brunel. Un francese che batte i francesi, e vince il trofeo Garibaldi. L’eroe dei due mondi è lui.

LA CRONACA

Partenza sprint per gli azzurri, in vantaggio già al 5′ grazie ad una sgroppata di Parisse, servito con i tempi giusti da un delizioso Orquera, protagonista assoluto della prima mezz’ora azzurra (e poi man of the match), bravissimo a tagliare in diagonale la linea difensiva transalpina, dopo che McLean dall’altra parte del campo aveva sventato la prima occasione francese arpionando in presa alta un ovale velenoso. La Francia non ci sta, mette in moto i propri velocissimi trequarti e al 12′ esulta con Picamoles, che schiacciando in meta su assistenza del pack bleus pareggia la personale disfida tra le terze linee centro. Lucianino Orquera garantisce all’Italia il massimo vantaggio sfruttando i centimetri che gli lasciano i galletti con un drop al 15′ e trovando ancora i pali, tre minuti dopo, su calcio piazzato fischiato per un fuorigioco francese. Il finale di tempo è di marca transalpina: alla meta non convalidata dal direttore di gara Nigel Owens e dal Tmo, risponde la cavalcata del trequarti ala Benjamin Fall, che come un treno giunge in stazione al 34′ per il sorpasso, dopo che l’apertura Michalak aveva rimpinguato il bottino centrando i pali dalla piazzola. Al riposo si va sul 13-15.

Il secondo tempo si apre con un piazzato del solito Michalak. La Francia sembra avere la partita in mano, l’Italia soffre, fatica a guadagnare metri come nel primo tempo. Ma nulla è perduto. Comincia il balletto dei cambi, e poco dopo l’ingresso di Giazzon e De Marchi in prima linea, buttati in campo insieme a Gori (al posto di Botes) gli azzurri costruiscono la seconda meta di giornata. Parisse taglia il campo a metà correndo per cinquanta metri, poi un’azione insistita porta Castrogiovanni, idolo dell’Olimpico, oltre lo stargate della meta, per il tripudio dei 60mila, che iniziano a sognare davvero. Burton, con il suo funambolico drop al 68′ non li sveglia, ma li culla ancora di più. La storia è ad un passo. Nel finale è strenua la difesa della linea azzurra. Si soffre fino all’80’, ma non ce n’è. Italia 23, Francia 18. È giusto così. Perché la voglia di vincere e l’intensità degli azzurri hanno pagato. La Francia grande favorita del Sei Nazioni è in ginocchio. Il rugby di casa nostra si scopre maggiorenne, e ha una gran voglia di correre veloce con la propria automobile.

(Nella foto, la seconda meta azzurra, quella di Martin Castrogiovanni al 58′). Foto:  Emiliano GRILLOTTI © Roma, 3 Febbraio 2013

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