THE DAY AFTER DI FRANCO MONTORRO

Quinta sconfitta in sei gare e sesta in assoluto; una sola gara prima della fine dell’anno e di difficile interpretazione, se non nella peggiore delle ipotesi. A Pescara coach Friso ha visto qualche miglioramento e non era difficile sperarlo, più che immaginarlo, dopo la vergognosa prestazione sul neutro di Anagni anche se le cose viste più chiare riguardano ancora una squadra che tale non è ancora e che in qualche elemento continua a cercare o a invocare alibi più per se stesso che per il gruppo. Diciamola subito, per una partita finita con il minimo scarto: arbitri mediamente casalinghi, ma non determinanti anche se un paio di fischi nel confronto fra Busca e il suo diretto avversario li avremmo sentiti volentieri. Minuzie, che non avrebbero cambiato né la cronaca di questa gara né la storia della stagione. Di sfortuna si può parlare, perché no? Convinti come siamo che senza l’infortunio a Sottana tante cose sarebbero cambiate e che con Gallea ieri Pescara avrebbe trovato più filo spinato nelle praterie offensive e meno tranquillità nella difesa dentro il perimetro. Anche se… Anche se i problemi maggiori al tiro restano quelli legati alle iniziative sporadiche e quasi sempre fallimentari lontano da canestro. Quattro tiri da tre realizzati su 19 tentativi, con l’ultimo di Genovese che oltre a pennellare un po’ di rosa la prestazione grigia del siciliano aveva ridato l’ultima speranza a Rieti. Per un genovese che però da 2 ha tirato con il 25%. E insomma, gira e rigira o tira e ritira, le scelte sono il più delle volte prese male, anche se lo stesso genovese ha ammesso che ad un certo punto, resosi conto della serata no in attacco, ha preferito soprassedere per poi prendersi però la responsabilità del già citato tiro rianimatore. E se non lui, chi? Pugi che è sembrato correre sulle uova, non di certo. Busca? Una volta, forse. Laudoni? Sa fare meglio altre cose. Rossi? Ahia, la crisi continua e siamo purtroppo a livello di spread sui bund. Due azioni in aree opposte, non importa chi sia dstato protagonista aggiungono caselle al puzzle della sconfitta. Un assist perfetto sotto canestro vanificato dal solito tirettino in appoggio quando invece non la teoria ma la pratica del basket insegna di andare al ferro con il massimo della determinazione possibile. Poi, a otto secondi dalla fine e con tutti gli avvversari rientrati a protezione dell’area dopo i tiri liberi, quattro secondi sprecati a recuperare un pallone semplicissimo. Rieti ha attaccato male gli spazi, ha come unico elemento di continuità la sua… discontinuità ma anche la sua predivibilità. Rieti continua a giocare con il freno a mano tirato e se Friso potrà e dovrà lavorare su certi assetti in prima battuta sbagliati e per certe finalizzazioni prevedibili, cosicché agli avversari è facile dopo tre azioni identiche prendere le misure. Poi resta il male oscuro della scarsa fiducia, declinata in due modi diversi. La squadra in se stessa e gli elementi esterni in questa squadra che resta spenta da troppo tempo, con giocatori per i quali è lecito porsi un interrogativo primario: sono in grado di percepire una scossa emotiva? Massimo Friso dice e ripete che ci vorrà pazienza, perché poi ci si rigioca tutto nei playoff. I pessimisti commenteranno: “Ad arrivarci…”. Gli ottimisti preferiscono la via del silenzio. I realisti pensano che l’unico spazio per un’inversione ad U sulla stradello che allontana dal traguardo dei playoff sia come sempre l’unità del gruppo e la ricerca del bene comune. Come sempre… Come non è mai stato finora, in realtà. Foto: GIanluca VANNICELLI/Agenzia PRIMO PIANO © 12 Dicembre 2011

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